Curatori – Francesca Baldassari, Alessandro Agresti
Editore etgraphiae – Cartograf
ISBN 978-88-99680-01-5
Il volume, di 320 pagine, raccoglie gli scritti di 32 autori sulla pittura, la scultura e il disegno in Italia dalla seconda metà del Cinquecento alla prima metà del Settecento. Roma è il campo privilegiato d’indagine – una scelta che rispecchia gli interessi collezionistici di Fabrizio Lemme – ma non mancano aperture su Lombardia, Bologna, Firenze e Napoli, zone che hanno da sempre interessato Lemme e sulle quali, soprattutto di recente, si sono indirizzati alcuni degli ultimi acquisti. Iniziando dai saggi che trattano della produzione artistica della Lombardia, si segnalano gli scritti di Marco Tanzi e Beatrice Tanzi. Il primo apporta novità al catalogo dei ritratti, fino ad oggi poco conosciuto, di Antonio Campi, il secondo tratta dei dipinti di Sofonisba ed Europa Anguissola. Filippo Maria Ferro si occupa di uno dei protagonisti del Seicento milanese, il Cerano. Passando alla città ‘felsinea’ Marco Riccomini rende noto un nuovo disegno di Elisabetta Sirani, preparatorio per un pregevole dipinto transitato di recente sul mercato dell’arte. Riguardo a Firenze scrive Francesca Baldassari, occupandosi del poco conosciuto Taddeo Baldini, un pittore che finalmente torna alla ribalta. Nicola Spinosa ci porta a Napoli, spaziando tra la produzione giovanile di Francesco Solimena – con nuove, pregevoli aggiunte – e quella di alcuni suoi migliori allievi – Francesco de Mura, Nicola Maria Rossi – fino ad arrivare a Filippo Falciatore. Un artista come Giovanni Battista Beinaschi raccorda in qualche modo le scuole pittoriche fin qui trattate: infatti nasce a Cuneo, passa per Roma e termina la carriera proprio nel capoluogo partenopeo. Il saggio di Alessandro Brogi integra il suo già notevole catalogo con dipinti di non poco conto. Altri due artisti come Jacob Ferdinand Voet – che opera nella Capitale per poi esserne ‘bandito’ e giungere a Torino – e il quasi sconosciuto Gregorio Cartari – un padre camaldolese che da Torino fa il cammino inverso e finisce proprio nella Capitale – testimoniano ulteriormente il ruolo centrale di Roma in quel giro di anni: ne trattano, rispettivamente, Maria Giulia Aurigemma (Voet) e Arabella Cifani insieme a Franco Monetti (Cartari). Proprio Roma, come già accennato, è il fulcro attorno al quale ruotano molti dei contributi: si riassumono qui di seguito, brevemente, scandendoli in ordine cronologico. Di ambito caravaggesco trattano Claudio Strinati, che rivede sotto una nuova luce il cantiere della Sala Regia al Quirinale, e Michele Nicolaci, che scrive di Le Clerc, De Haen, Guy François e di Giovanni Baglione, infoltendo il catalogo di quest’ultimo con quattro inediti. Yuri Primarosa scrive di Charles Mellin attribuendogli nuovi dipinti. Della produzione di ambito classicista scrivono poi Pierre Rosenberg, riscoprendo la figura di Otto Grautoff, insigne studioso di Poussin, e Claudia Cieri Via, con un excursus sull’iconografia della Strage degli Innocenti, un tema che partendo proprio da Poussin ebbe grande fortuna nel Seicento, anche sulla scorta di Giovan Battista Marino, fino al Barocco maturo. Due saggi si occupano di Salvator Rosa: Riccardo Lattuada rende note due opere del periodo giovanile, Caterina Volpi mette a fuoco anche la produzione degli allievi de Heusch e Torrigiani riscoprendo alcune tele conservate nella Galleria Spada a Roma, motivandone le attribuzioni. Dei disegni di Pier Francesco Mola tratta Ursula Verena Fischer Pace, riferendogli alcuni nuovi, interessanti fogli. Di temi più marcatamente barocchi scrivono Francesco Petrucci – ristudiando e apportando non poche novità sui ritratti di Alessandro VII di Bernini – Anna lo Bianco – che si focalizza sull’importanza del paesaggio nelle pitture di Pietro da Cortona, in particolare negli affreschi della villa Sacchetti a Castelfusano – Valeria di Giuseppe di Paolo – che ricostruisce il percorso di Guillaume Courtois come figurista in dipinti di natura in posa – Guendalina Serafinelli – che aggiunge importanti dipinti alla produzione di Giacinto Brandi – e, infine, Antonella Pampalone (che torna sul tema delle Canonizzazioni e dei dipinti licenziati per quelle ricorrenze da Lazzaro Baldi). Tre interventi riguardano l’artista che traghetta la pittura romana nel Settecento: Carlo Maratti. Stella Rudolph pubblica una su nuova tela, Simonetta Valenti Prosperi Rodinò rivede il restauro della ‘Venere’ di Giulio Mazzoni, operato dal maestro di Camerano – oggi conservata a Palazzo Barberini a Roma – Alessandro Agresti approfondisce la conoscenza degli allievi del pittore marchigiano, occupandosi di Giuseppe Bartolomeo Chiari, Giacinto Calandrucci, Pietro Antonio de’ Pietri e Agostino Masucci. Arriviamo, infine, al Settecento romano: Catherine Loisel pubblica molti disegni dei pittori che operarono nel cantiere della Basilica di San Clemente – come Giovanni Odazzi e Pier Leone Ghezzi – facendoci conoscere anche la loro grafica. E se ben due interventi, di Stéphane Loire e Andrea G. De Marchi, riportano alla nostra attenzione uno dei pittori più originali di quel momento, Pietro Bianchi, del suo maestro, Benedetto Luti, scrive Giancarlo Sestieri, rivedendone la carriera anche alla luce di nuove scoperte. Chiudono il volume Angela Negro, che pubblica una tela inedita di Marco Benefial, ed Edgar Peter Bowron, che analizza un dipinto di Pompeo Batoni che Fabrizio ha donato al Museo del Barocco di Ariccia: il San Bartolomeo.
Studi di storia dell’arte in onore di Fabrizzo Lemme
Curatori Francesca Baldassari, Alessandro Agresti
Editore etgraphiae-Cartograf
Cartonato pp. 320 ill. colore e b/n
cm 24×30